I grandi innovatori del passato: Ipazia

Matematica, astronoma e seguace della filosofia neoplatonica, Ipazia è considerata una “martire della libertà di pensiero”. Divenne celebre per il suo talento e acume, i potenti dei diversi paesi la consultavano prima di prendere decisioni. La sua tragica morte segna la fine della scienza ellenistica che proponeva il razionalismo scientifico e la distinzione tra religione e conoscenza.

Ritratti: I grandi innovatori del passato

The | edge omaggia le storie di grandiosi personaggi storici, uomini e donne del passato, pionieri e pioniere dell’innovazione, che attraverso la diffusione del loro sapere e delle loro scoperte in ambito scientifico e tecnologico, hanno contribuito a rivoluzionare l’umanità.

Ipazia, la prima martire del pensiero libero che ruppe il tetto di cristallo

(Alessandria d’Egitto, 355 – 415 d.C.)

Matematica, astronoma e seguace della filosofia neoplatonica, Ipazia di Alessandria è entrata nella storia per essere stata la prima vittima delle persecuzioni cristiane contro la scienza. La sua figura è stata celebrata da Raffaello, che l’ha raffigurata nel suo affresco più famoso («La scuola di Atene» dipinto nella Stanza della Segnatura dei Musei Vaticani) e, più di recente, in Agorà film diretto da Alejandro Amenbar e interpretato da Rachel Weisz, uscito nelle sale cinematografiche nel 2009.

Anche di Ipazia non ci resta alcuna opera, nonostante una prolifica produzione: i suoi scritti sono andati perduti nell’incendio della biblioteca di Alessandria e nella distruzione del Serapeo, la biblioteca minore della città. Ma frammenti del suo pensiero sono stati incorporati nelle pubblicazioni di altri autori o nelle lettere degli studiosi dell’epoca e il suo nome è uno dei pochi citati in molte opere storiografiche di scienze naturali. Grazie a Sinesio di Cirene, il suo allievo più caro, Ipazia è anche la prima scienziata la cui vita è documentata con diverse notizie.

Nata e vissuta ad Alessandria d’Egitto, capitale delle scienze dell’Impero Romano, Ipazia era figlia del matematico e astronomo Teone d’Alessandra, direttore del “Museion” ovvero la più famosa Accademia dell’antichità. Maestro illustre, lasciò diversi scritti e un metodo per estrarre le radici quadrate.

Forse rimasta orfana di madre, Ipazia (la cui etimologia evoca sapienza ed eminenza) fu introdotta da Teone agli studi scientifici più avanzati nel colto ambiente alessandrino, presso la scuola neoplatonica di Atene e anche in Italia. Fin da bambina, dimostrò un vivace intelletto e doti di fuori dal comune. Morto Teone, intorno al 400 d.C., la giovane divenne capo della scuola neoplatonica d’Alessandria, dove impartiva la conoscenza di Platone e Plotino a pagani, cristiani e stranieri. Divenne così celebre per il suo talento e acume filosofico da attirare studenti da luoghi lontani per le sue lezioni (private a casa sua o pubbliche) e perfino i potenti di diversi paesi la consultavano prima di prendere decisioni. Tanto che lo storiografo Socrate Scolastico, suo contemporaneo, scriveva che «era arrivata a un tale vertice di sapienza da superare di gran lunga tutti i filosofi della sua cerchia».

Ipazia si occupò anche di vita pubblica e, secondo lo stesso autore, parlava anche in mezzo agli uomini che «la rispettavano profondamente e nutrivano per lei un timore reverenziale» per la sua magnifica cultura. Descritta come donna molto bella e corteggiata, Ipazia decise tuttavia di non sposarsi per dedicarsi interamente allo studio e alla ricerca della verità. È documentato che scrisse opere mastodontiche in più volumi: trattati di matematica, commenti e rivisitazioni di algebra, geometria e astronomia di autori classici. Indagò diversi tipi di equazioni (indeterminate e quadratiche), le sezioni coniche e le figure geometriche (cerchio, ellissi, parabola, iperbole), compilò anche numerose tavole astronomiche.

La scienziata approfondì gli studi del sistema tolemaico, incentrato sul modello geocentrico, che poneva la terra al centro dell’universo e tutti gli altri pianeti in movimento rotatorio intorno a essa. Benché a quel tempo tale teoria fosse più diffusa, la scienziata avanzò dubbi sulla sua veridicità, rifacendosi agli studi di Aristarco di Samo, basati sul modello eliocentrico: è il sole, dunque, a essere al centro del sistema mentre la terra e gli altri pianeti ruotano intorno a esso. Secondo fonti contemporanee, Ipazia fu assassinata nel 415 d.C. da una folla di cristiani, mentre stava tornando a casa in carrozza, accusata di aver seminato dissidio fra il governatore Oreste e il patriarca di Alessandria Cirillo. Denudata in strada e trascinata nel Caesareum, fu fatta a pezzi con i cocci. I suoi aguzzini le cavarono gli occhi da viva e ne sparsero i resti per la città per compiacere il vescovo Cirillo, il vero “mandante” di questo omicidio, che restò impunito.

Nonostante pagana, Ipazia era stimata anche dai cristiani e ammirata da tutti seppur ritenuta inferiore in quanto donna. Ma molti ritengono che fosse diventata un punto di riferimento troppo importante per passare inosservata. La sua tragica morte segna la fine della scienza ellenistica che proponeva il razionalismo scientifico e la distinzione tra religione e conoscenza. Come scrisse Pascal, Ipazia fu «l’ultimo fiore meraviglioso della gentilezza e della scienza ellenica».

Con lei se ne va l’ultima erede della scuola alessandrina e si chiude la comunità di studiosi che ha gettato nella storia le fondamenta del sapere scientifico universale. Si dovrà arrivare all’umanesimo per riprendere il cammino.

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