I grandi innovatori del passato: Gregor Mendel

Ritratti: i grandi innovatori del passato

The | Edge omaggia le storie di grandiosi personaggi storici, uomini e donne del passato, pionieri e pioniere dell’innovazione, che attraverso la diffusione del loro sapere e delle loro scoperte in ambito scientifico e tecnologico, hanno contribuito a rivoluzionare l’umanità.

Il “gene” incompreso di Mendel

Johan Gregor Mendel

(Heinzendorf, 1822 – Brünn, 1884)

Nato ad Heinzendorf, piccolo centro dell’Impero austro-ungarico (oggi Hynčice nella Repubblica ceca), il botanico Johann Mendel visse la sua infanzia in un ambiente rurale fatto di ristrettezze.

Figlio unico, il prete locale intuì le capacità del ragazzo e convinse i genitori a mandarlo al ginnasio. Ma il percorso fu tortuoso: i soldi non bastavano e Johann era costretto ad arrangiarsi dando ripetizioni ad altri studenti, al punto che più volte fu preso da depressione.

Il giovane, tuttavia, riuscì a completare gli studi di grammatica, poi i due anni di filosofia all’università di Olmütz, diventando un eccellente studioso di fisica e matematica.

Completati gli studi nel 1843, a casa l’attendeva la gestione della piccola fattoria di famiglia. Ma Mendel scelse di entrare nel monastero di Altbrünn come novizio dell’ordine di sant’Agostino e qui divenne monaco, con il nome di «Gregorio». L’ingresso nella nuova vita religiosa lo portò a frequentare Brünn, allora capitale della Moravia. Per la prima volta viveva senza stenti, a contatto con una comunità di accademici e scienziati.

Nel 1850, non essendo riuscito a conseguire la certificazione per insegnare, si recò a Vienna. Il soggiorno nella capitale austriaca segnò la svolta della sua vita: Mendel approfondì gli studi di matematica e fisica accanto al fisico Christian Doppler (lo scopritore dell’effetto doppler sulla lunghezza e frequenza delle onde sonore). Poi, studiò l’anatomia e la fisiologia delle piante, imparando a usare il microscopio.

Nell’estate del 1853 fece ritorno al monastero come docente della scuola secondaria. Ma, parallelamente, intraprese un’attività di ricerca che lo porterà alle sue grandi scoperte scientifiche.

Fu l’abate Cyril ad approvargli, nel 1854, un programma di ibridazione nel convento per tracciare la trasmissione dei caratteri ereditari nelle generazioni successive. Gli studiosi di piante e animali avevano dimostrato che gli incroci potevano produrre molte nuove forme e questo impensieriva l’abate per la concorrenza della “nuova” lana dall’Australia (i profitti del monastero venivano, infatti, dalla lana delle pecore Merino).

Mendel partì dalle conclusioni dei suoi predecessori ovvero che la progenie degli ibridi fertili tendeva a ritornare alla specie originaria. Scelse di fare gli esperimenti sul pisello commestibile (Pisum sativum) per le numerose varietà e la facilità di coltura. In due anni, ne testò 34 varietà per tracciare la trasmissione dei caratteri su sette tratti (altezza della pianta bassa o alta, colore del seme verde o giallo e così via), incrociandole fra loro. Il risultato fu che, nella prima generazione, compariva solo il carattere di una varietà mentre, nelle successive, ricompariva anche l’altra.

La scoperta più importante di Mendel fu proprio dimostrare che metà della generazione era “pura” e la restante ancora ibrida. Non solo.

Lo scienziato capì che i sette tratti “marcati” potevano essere trasmessi indipendentemente l’uno dall’altro: i suoi successori chiamarono questa conclusione la “legge dell’assortimento indipendente”. Un ulteriore passo avanti fu fatto mettendo in relazione questi risultati con la teoria della fecondazione, secondo la quale la fusione di due cellule genera un nuovo organismo (la cosiddetta “legge della segregazione o dottrina delle cellule germinali”).

Le scoperte di Mendel furono presentate nel 1865 alla Società di scienze naturali di Brünn ma il suo articolo, Experiments on Plant Hybrids, attirò poca attenzione né l’autore si prodigò per diffonderlo di più. Dedicò gli ultimi anni della vita alla sua passione, l’apicoltura, e morì dopo una dolorosa malattia, a 61 anni.

I più ritennero che il botanico avesse solo dimostrato meglio ciò che era già noto, ovvero che la progenie ibrida ritorna alle forme originarie. Ma non era così. Mendel realizzò il potenziale di variabilità e le implicazioni evolutive, lasciando una grande eredità. Bisognerà attendere il botanico danese Hugo de Vries, nel 1900, per riscoprire i suoi studi e consegnarlo al posto che merita nella storia della scienza: quello di “padre della genetica”.

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