Ritratti: i grandi innovatori del passato
The | Edge omaggia le storie di grandiosi personaggi storici, uomini e donne del passato, pionieri e pioniere dell’innovazione, che attraverso la diffusione del loro sapere e delle loro scoperte in ambito scientifico e tecnologico, hanno contribuito a rivoluzionare l’umanità.
Ada Lovelace: la prima “programmatrice di computer” della storia
Augusta Ada Byron, contessa di Lovelace
(Londra, 1815 – Londra, 1852)
Tutto quello che sappiamo su Ada Lovelace, la prima “programmatrice di computer” della storia, lo dobbiamo all’inglese Bertram Bowden, che nel 1953 pubblicò Faster than Thouth (Più veloce del pensiero), uno dei primi libri sulle origini del computer, scoprendo questa scienziata ottocentesca dimenticata.
Unica figlia legittima di Lord Byron e della baronessa Annabella Milbanke, Ada Lovelace aveva ereditato il talento per la matematica dalla madre. Il rapporto fra i due genitori fu subito travagliato e, pochi mesi dopo la nascita della piccola, il fascinoso e sregolato poeta romantico si accordò per separazione e affido. Morirà nove anni dopo in Grecia, combattendo per l’indipendenza ellenica, di fatto senza vedere più la figlia.
La bambina cresce in casa, fra austeri precetti materni e rigidi istitutori. L’educazione è incentrata su scienze e matematica, materie ritenute consone a uno stile di via ordinato e lontano dal modello paterno, di cui la madre le nasconde perfino l’immagine sulle tele dipinte. Impostazione che, in realtà, mostrerà più di un limite perché da adulta, forse per reazione, Ada condurrà segretamente una doppia vita fatta di gioco d’azzardo, scommesse alle corse di cavalli, frequentazioni popolane, debiti e relazioni clandestine.
Già a tredici anni, la piccola aveva immaginato di progettare un cavallo alato a vapore ma il suo incontro chiave avviene dopo i diciotto anni. Fra le decine di dimostrazioni scientifiche e conferenze frequentate da ragazze, Ada incrocia il salotto di Charles Babbage. Qui, il sabato sera, la Londra “intellettuale” si ritrova per discutere le ultime novità: da Charles Dickens ai fisici Michael Faraday e John Herschel, da Charles Darwin al matematico Augustus De Morgan. Babbage offre agli ospiti esibizioni all’avanguardia: quella di un automa e la macchina delle differenze, la prima delle sue tre invenzioni.
Ada rimane affascinata dal funzionamento di questa calcolatrice e, da quel giugno 1833, frequenta regolarmente Babbage. È l’inizio di una lunga collaborazione che, fra alti e bassi, durerà tutta la vita: la ragazza trova in lui la figura paterna mancata, lo scienziato la figlia che ha perduto.
Fra il 1820 e il 1860, Babbage inventa tre macchine per il calcolo automatico: due versioni della macchina delle differenze e la macchina analitica. Ma i suoi progetti non trovano finanziatori. L’uomo, istrionico ma irascibile, non è beneamato: la Royal Society lo tiene alla larga e altre figure influenti lo snobbano.
Nel frattempo, come d’obbligo, ad Ada viene trovato un buon partito: sposa Lord William King e, in pochi anni, mette al mondo tre figli, distraendosi nella vita domestica. Ma, con determinazione, si trova un docente migliore per proseguire gli studi, Augustus De Morgan.
Per realizzare le sue idee, Babbage si reca con i disegni delle sue macchine a Torino dall’astronomo Giovanni Plana e qui conosce l’ingegnere Luigi Federico Menabrea. Questi scrive una presentazione del progetto della Macchina analitica per pubblicarlo sulla rivista svizzera Bibliothèque Universelle de Genève nel 1842.
Ad Ada spetta curarne la traduzione in inglese: compito che svolge con accuratezza, integrandolo con brevi note. Babbage, però, ne ammira le intuizioni e la spinge a scrivere un’opera di suo pugno. Ada, allora, integra la prima versione con note aggiuntive: sette, molto corpose.
Fra le principali innovazioni di Ada, c’è il pensare la macchina in grado di fare calcoli non solo numerici (come si era limitato l’ideatore Babbage) ma anche di simboli. La donna ritiene che il calcolatore possa leggere le schede in sequenza ma anche a ritroso, per ripetere il processo. Inoltre, immagina la struttura della memoria (ovvero del database) e delle schede perforate per la programmazione della macchina capace di conservare un numero prelevato dalla memoria e non di azzerarlo: un’alternativa non considerata da Babbage, che ne ipotizzava l’automatica cancellazione.
La scienziata pensa anche che il calcolatore possa modificare il suo comportamento futuro in un’operazione. Poi, descrive le diversità fra le due versioni delle macchine delle differenze e quella analitica, sostenendo (contrariamente al suo inventore) che si tratti di progetti diversi. Del resto, Lovelace era una donna volitiva e consapevole del suo rango sociale: puntava a trovare supporto nel governo per costruire almeno una delle due macchine.
È soprattutto per l’ultima nota (G) che Ada è diventata famosa: qui, sviluppa un programma per il calcolo dei “numeri di Bernoulli” (successione di numeri razionali che ha un ruolo importante nei problemi matematici). Ma, in realtà, è difficile sapere se e quanto sia stato farina del suo sacco perché gli scambi epistolari con Babbage sono andati in gran parte perduti dopo le frizioni fra i due. I posteri sono divisi anche sul ruolo di Ada come prima “programmatrice di calcolatori automatici”: troppe, forse, le sue lacune di conoscenze. Senza dubbio, però, Ada ebbe una grande apertura mentale: immaginò si potessero scrivere algoritmi anche per risolvere giochi, seppe vedere più lontano di Babbage. Immaginò una macchina automatica che poteva eseguire più dei semplici calcoli aritmetici ed elaborare simboli di qualunque informazione (dall’algebra alla composizione musicale).
Morì nel 1852, a 36 anni: la stessa età del padre, accanto al quale volle essere sepolta. Visse in un mondo aristocratico da anticonformista, ribelle e perfino disinibita. Le sue idee dovranno attendere quasi cento anni prima di essere riprese, benché in modo diverso. Nel frattempo, Ada Lovelace era caduta nel dimenticatoio.